Il blog, i viaggi e il sogno di essere editor. I colleghi: “Franci era sempre solare”
La 28enne, laureata in Lingue scandinave, stava andando al lavoro quando un camion l’ha travolta
MILANO. Alle 10,30 del mattino, di Francesca, sull’asfalto sono rimaste solo le Birkenstock di colore cuoio. Quanti chilometri avevano percorso fino a ieri, in giro per il mondo, quelle scarpe che la ventottenne Francesca Quaglia aveva sempre ai piedi e per cui anche al lavoro, al Cinemino di Porta Romana, a Milano, i colleghi la prendevano tanto in giro: «Ci scherzavamo su, una bolognese sempre con le Birkenstock!». Lo hanno appena saputo che la ciclista travolta e uccisa da un camion a 500 metri da loro era proprio Francesca: «Ci ha chiamati una sua amica, siamo sconvolti, senza parole».
Lei che aveva iniziato a usare la bicicletta così spesso solo di recente, dopo aver subito il furto dello scooter. Al Cinemino, la aspettavano in serata: «Faceva qualche ora a settimana da noi, quest’anno avrebbe dovuto iniziare a lavorare più stabilmente. Ne avevamo già parlato. Francesca era sempre di buonumore, si metteva a disposizione per tutto, in caffetteria come alla lavagna, a scrivere la programmazione. Non batteva mai ciglio».
Era a venti metri dal semaforo di piazza Medaglie d’Oro, sulla circonvallazione, in viale Caldara, lungo la strada che da piazza Cinque Giornate arriva a Porta Romana, quando – non ancora è chiaro come – il grosso mezzo per il trasporto terra l’ha agganciata e trascinata per una ventina di metri. La sua bici bianca, le sue Birkenstock sono rimaste lì, in quel punto maledetto che la telecamera brandeggiante del Comune non è riuscita a riprendere nel momento dell’impatto.
Francesca era in mezzo alle due corsie, alla sinistra del camion. Al semaforo, una testimone racconta dell’ultimo tentativo disperato della ragazza di «farsi vedere tirando pugni sul cassone», ma della versione non c’è conferma ufficiale. L’autista 54enne non l’ha vista. Quando si è fermato, sotto choc «si metteva le mani in testa, non riusciva a uscire dal camion».
È morta sul colpo Francesca, all’arrivo dei soccorsi del 118 per lei non c’era più nulla da fare. La polizia locale ha raccolto tutte le testimonianze, effettuato i primi rilievi: l’informativa è attesa dalla procura che ha aperto un fascicolo per omicidio stradale, in cui sarà iscritto il nome del 54enne in vista dell’autopsia.
Originaria di Medicina, 17 mila abitanti a 30 chilometri da Bologna, Francesca si era laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia, in lingua, letteratura e linguistica scandinave per poi specializzarsi in Lingue e letterature scandinave all’Università di Uppsala, in Svezia, e alla Statale di Milano. Proprio in Svezia, a luglio, aveva festeggiato il suo ultimo compleanno.
Aveva tutti i tormenti dei 28 anni, Francesca. Dei sogni che ancora non si riescono a realizzare, di quella precarietà nel lavoro, nei sentimenti, della difficoltà di trovare un posto da chiamare casa. La sua l’aveva finalmente trovata, tre anni fa, a Milano, nel piccolo quartiere Ortica. Lo raccontava lei stessa nel blog che aveva aperto da qualche mese: «È successo che sono andata a vivere con una persona che mi ha insegnato a giocare e a considerare il divertimento come elemento essenziale di vita. Insieme viviamo in Ortica, il quartiere più piccolo della città e abbiamo trovato un piccolo pezzo di appartenenza di 70 metri quadrati, con un piccolo giardino!». Da freelance, lavorava per la rivista Mulieris magazine: «Traduco dall’inglese e dalle lingue scandinave verso l’italiano ma con lo svedese mi diverto di più!» si legge sul suo profilo Linkedln. In passato aveva lavorato per la camera di commercio a Stoccolma e alla trascrizione dei cortometraggi del regista svedese Gösta Werner per il festival del Cinema Ritrovato alla cineteca di Bologna. Aveva tante passioni Francesca, dall’impegno nel movimento femminista al laboratorio di scrittura creativa che aveva aperto all’Ortica. E quel sogno nel cassetto che inseguiva da sempre: «Diventare editor della casa editrice il cui nome è scritto ovunque in camera mia»M.SER.
Pubblicato su Il Mattino di Padova