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Noi tutti intrappolati nelle sabbie mobili del mondo social

Il caso di Giovanna Pedretti, suicida per gli esiti di una discussa recensione al suo ristorante, evidenzia ancora una volta quanto sia smisurato il potere di amplificazione dei social e quanto noi non siamo abbastanza attrezzati per difenderci

C’è una sproporzione che sgomenta, tra la reale portata di una (probabile) falsa recensione e il suicidio di chi quella stessa recensione negativa l’ha subita, o forse ingenuamente costruita.

Ed è una sproporzione che parla di noi. Di cosa siamo, di come agiamo. Del nostro senso del vero, che troppo spesso si rivela solo verosimile, ed è tutt’altra cosa.

Il caso è noto, anche se mancano ancora importanti tasselli.

Una bella storia da raccontare, il cliente politicamente scorretto di un ristorante “a modo” che se la prende con disabili e gay; la titolare che risponde alla recensione in modo forte e deciso, e giù applausi.

Persino dalla ministra.

Non è vero che ai giornali piacciono solo le brutte storie. Sono belle… anche quelle belle, se rispondono al nostro sistema di valori (no omofobia, no “abilismo”) e se fanno traffico. E qui il meccanismo è arcinoto: scrive uno, scrivono tutti. Poi, però, arriva qualcun altro che alza la manina e dice: siamo sicuri?

Oggi è la falsa recensione, ieri era la bidella che faceva la spola tra Milano e Napoli, l’altro ieri la nonna influencer morta carbonizzata perché si era addormentata vicino al camino... Bufale, niente di più.

Chiediamoci, però: qual è l’interesse reale di queste notizie? E se invece ne siamo convinti: meritavano davvero tutto questo risalto? Qui è già più difficile rispondere.

Non è affatto chiaro se Giovanna Pedretti si sia trasformata da paladina della solidarietà (con la sua pizza sospesa e l’attenzione alle diversità) ad astuta manipolatrice ai fini di marketing; oppure, se come ha provato a sostenere, sia caduta in una qualche trappola.

Di certo, si è trovata centrifugata nelle sabbie mobili del cortocircuito tra informazione e puro entertainment con ricco corollario di bufalari, debunker (ossia smascheratori di fake news o fake reviews), professionisti del click-baiting, troll variegati e laureati – all’università della strada, si intende - in gogne social.

Ecco: il potere di amplificazione dei social è smisurato rispetto alla portata di un evento così piccino: una falsa recensione tra miliardi di altre false recensioni. Con una rapidità impressionante ti tirano su, con altrettanta velocità – e voracità - ti demoliscono, o ti divorano.

E noi, noi frequentatori di questi mondi, quanto siamo muniti di scafandro in un contesto pieno di trappole? Internet, i social, adesso l’intelligenza artificiale, non sono buoni o cattivi: tutto dipende dall’uso che se ne fa. Da qualche parte c’è scritto “maneggiare con cura” ma sembra che nessuno sappia leggere. È diventata una guerra per bande, tutto polarizzato: se non ti schieri sei out.

Una volta, non molto tempo fa a dire il vero, una possibile notizia sarebbe sempre stata verificata e, se risultata falsa o inconsistente, non sarebbe affatto diventata una notizia. Oggi, invece, i falsi si fanno notizia e chi li smaschera - giornalista o no, poco sembra contare ormai - può rientrare nel novero… delle nuove professioni.

Anche qui, registriamo il carosello delle quotazioni variabili alla Borsa dei social: Lucarelli che smaschera Ferragni è osannata, Lucarelli che diventa “main sponsor” del compagno cuoco che si fa a sua volta fustigatore, ora è sulla graticola – proprio come la maggior parte dei suoi bersagli.

Sui social, come noto, si commenta senza leggere. Si va di fretta, sempre. Molti politici di spicco ci campano ancora oggi: suscitare emozioni, provocare reazioni. È l’apoteosi del “purché se ne parli” e fa molte vittime.

Letteralmente, stavolta.

“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme” scriveva Italo Calvino.

Pubblicato su Il Mattino di Padova