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Base Jumping: tre decessi in meno di un mese

La tragedia nel Bellunese è soltanto l’ultima in ordine cronologico di una serie di decessi causati dalla pratica di questo sport estremo

La tragedia che ha colpito il bellunese con la morte un uomo che stava praticando base jumping nell’Agordino è la terza in meno di un mese. Il 24 luglio scorso a perdere la vita era stato il trevigiano maestro di sci Matteo Mazza che in vacanza in Norvegia, a Gudvangen, si è schiantato contro una parete rocciosa morendo sul colpo.

Più vicina in ordine cronologico è la scomparsa di Raian Kamel, 36 enne filmmaker bresciano amante degli sport estremi che gettandosi nel vuoto con un gruppo di amici dal Piz da Lech, sulle Dolomiti, è morto nello stesso punto in cui avevano perso la vita altre due persone: un finlandese di 33 anni nel 2023 e il brianzolo della stessa età Simone Rizzi nel 2020.

I numeri delle tragedie

Una bilancio agghiacciante quello relativo al base jumping, si stima in media una vittima ogni 60 partecipanti. Lo sport nato nei primi anni del '900 negli Stati Uniti prevede il lancio nel vuoto tramite una tuta alare e l'atterraggio mediante un paracadute. Il nome della pratica deriva dall'acronimo B.A.S.E. che indica le superfici dalle quali si può tentare il lancio, che può avvenire da un palazzo, un'antenna, un ponte o molto spesso da superfici naturali come scogliere a picco sul mare o pareti rocciose. In alcuni Paesi, a causa dell’alto tasso di mortalità, il base jumping è stato dichiarato illegale.

Pubblicato su Il Mattino di Padova