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Vajont, a Fortogna le comunità si stringono nel dolore a 61 anni di distanza dal disastro

Dopo il clamore delle celebrazioni dello scorso anno, oggi la scelta del ricordo nell’intimità dei paesi spazzati via dall’onda maledetta

Dopo il clamore delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario del disastro, oggi a Longarone le comunità del Vajont hanno scelto di riunirsi nell’intimità del ricordo dei loro cari. Il Cimitero monumentale di Fortogna ha accolto una cerimonia sobria ma molto partecipata: prima l’orazione civile dei sindaci di Longarone e Vajont, poi la messa celebrata dal vescovo di Belluno e Feltre.

«Come oggi, allora, era di mercoledì», ha ricordato Roberto Padrin nel suo discorso a tratti tradito dalla commozione. «A Longarone era un giorno come tanti altri, anche se ultimamente giungevano notizie da Erto e Casso che i cassani erano stati spostati dal Monte Toc con tutte le loro cose e gli animali. L'ultimo camion aveva raggiunto Casso solo poche ore prima e di lì a poco un "orco" misurabile in 270 milioni di metri cubi di terra e roccia, unita a milioni di metri cubi di acqua in movimento, avrebbero provocato una forza d'urto pari a due volte la potenza della bomba atomica scaricata su Hiroshima. L'onda assassina ha cambiato la storia dei nostri paesi distruggendoli: 1.910 persone sono state uccise contemporaneamente in pochissimi minuti. Se l'evento catastrofico fosse accaduto nella mattinata, tra i nostri bambini e ragazzi, tra i tre e quindici anni, non si sarebbe salvato nessuno. Ne sono morti quasi 500», ha sottolineato il sindaco di Longarone tornando, ancora una volta, nella tragedia della tragedia di un’intera generazione cancellata dalla storia.

Aveva 13 anni, Virgilio Barzan, oggi sindaco di Vajont e uno dei 170 testimoni di quel disastro ancora in vita in paese: «Quel dolore ci accompagna quotidianamente da allora. Nel vuoto, nel silenzio di un 9 ottobre che ci ha tolto tutto. Vorrei dire che ci ha insegnato qualcosa. Ma non è così, ci aspettano ancora disastri umani continui», ha affermato tra le lacrime Barzan con lo sguardo rivolto a quando: «Non ci saremo più qui a difendere la memoria».

Pubblicato su Il Mattino di Padova