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A sei anni dalla tragedia di Rigopiano: ecco cos’è successo nella strage dell’hotel

In aula 29 sedie, una per ogni vittima

Sono trascorsi sei anni dalla tragedia di Rigopiano. Era il 18 gennaio 2017 quando l’hotel di Farindola fu travolto da una valanga, lasciando una scia di 29 morti. Undici i superstiti. Un giorno impresso nella memoria, come la neve copiosa che quel giorno cadeva senza sosta, il tappeto di macerie che si estendeva per chilometri, lo strato di neve alto tre metri che aveva completamente sommerso l’albergo e la disperazione di chi rimasto imprigionato nell’edificio.

Dopo 2.227 giorni, c'è chi ha un nuovo lavoro, chi si è trasferito, chi ha aperto un'attività e quelli che all'epoca dei fatti erano bambini oggi sono cresciuti. Dimenticare, però, è impossibile. Ripercorriamo le tappe principali di quella giornata.

Il bilancio della tragedia

Rigopiano è una località turistica montana del territorio del comune di Farindola, in Abruzzo, in provincia di Pescara, posta alle falde sud-orientali del Gran Sasso d'Italia. Nell’Hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort, erano presenti 40 persone, 12 dipendenti e 28 clienti, tra cui alcuni bambini. Di queste 40 persone, persero la vita in 29. 

Lo sciame sismico

Poco prima della valanga di neve e ghiaccio e pietre che travolse l’albergo, c’era stato un lungo sciame sismico che, dall’agosto del 2016, aveva interessato tutto il centro Italia, anche se una sentenza del tribunale civile di Milano ha negato il nesso di causalità tra i due fenomeni.

Chi sono gli imputati

Sono 30 tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, gli imputati accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi. Tutti hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Il pm, Giuseppe Bellelli, ha chiesto «una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di amministratore pubblico che aveva il dovere di prevedere la valanga ed evitare la tragedia».

La sentenza nel pomeriggio

La sentenza è prevista nel pomeriggio. Il processo ripropone i temi della prevenzione e del rispetto delle leggi ambientali, che potrebbe fare da eco alle sentenze sulla strage di Viareggio o quella sull'operato della Commissione Grandi Rischi a pochi giorni dal sisma che sconvolse L'Aquila: ancora una volta al centro del dibattito l'operato dell'uomo nelle vesti del funzionario pubblico, che dovrebbe garantire la sicurezza ai cittadini, sia nel rispetto delle normative esistenti, sia nella fase emergenziale dei soccorsi. Sullo sfondo, e non è un fatto trascurabile, la lentezza della giustizia italiana: al di là della sospensione per Covid e dei 15 rinvii registrati, sono 1.318 i giorni intercorsi tra la prima udienza, 16 luglio 2019, e oggi, giorno della sentenza.

Il lungo iter giudiziario

L'inchiesta sul disastro aveva riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire l'emergenza maltempo, chiamando in causa Regione Abruzzo, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola; poi si era estesa anche alla mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati. A fine dicembre 2018 c'è anche un'inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della Prefettura di Pescara, compreso l'ex prefetto Francesco Provolo - per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara - con altri sette indagati. A dicembre del 2019 i vertici regionali escono dal processo con 22 archiviazioni per ex presidenti della Regione ed ex assessori regionali alla Protezione Civile.

Le richieste di condanna

La condanna più pesante, 12 anni, è stata chiesta per l'ex prefetto Francesco Provolo. Poi ci sono gli 11 anni e 4 mesi per il sindaco, in carica, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta. Per il gestore dell'hotel, Bruno Di Tommaso, sono stati chiesti sette anni e otto mesi. Per quanto riguarda il depistaggio in prefettura, sono stati chiesti 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo e 2 anni per Giancarlo Verzella.

Chi c’era nell’hotel

Al momento dell'impatto, si trovavano nell'area dell'hotel 40 persone, 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 membri del personale, da ore bloccate nel rifugio a causa dell'abbondante nevicata. L'allarme venne lanciato da Fabio Salzetta, operaio manutentore dell'albergo, e Giampiero Parete, un ospite dell’albergo, che si trovavano entrambi immediatamente fuori dalla struttura, il primo nel locale caldaia e il secondo presso la propria automobile, rimasti solo marginalmente coinvolti dalla slavina. Ma la macchina dei soccorsi si attivò solo dopo le 19.30, perché le prime telefonate non vennero considerate attendibili dalla prefettura di Pescara (sia per la confusione generata dal crollo di una stalla avvenuta sempre a Farindola la mattina stessa, sia per le informazioni contrastanti fornite alla prefettura dal direttore dell'albergo che, basandosi sull'ultima conversazione avuta, era all'oscuro dell'accaduto e si trovava in altra località, sia verosimilmente per la situazione di emergenza in cui versava buona parte dell'Abruzzo orientale).

Le persone sopravvissute al disastro si trovavano fuori dall'albergo, le altre estratte vive si trovavano tutte al piano terra dell'edificio: nella sala da biliardo (5 persone salvate il 20 gennaio) e nell'area del camino del bar (4 persone salvate la mattina del 21 gennaio). Sono state ritrovate morte tutte quelle presenti in cucina (10), nella zona della hall (17) e, altre due sono state ritrovate senza vita nell'area del camino.

Dove era stato costruito l’Hotel

L’hotel Rigopiano era una struttura preesistente, in una zona dove nel 1936 si era verificata una valanga di portata paragonabile a quella del giorno della strage. A quel tempo, nella valle sorgeva solo un rifugio. Secondo gli ambientalisti del Forum H2O questo non è importante, perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi sono molto lunghi. Come per le piene dei fiumi, possono avere una ciclicità plurisecolare, raggiungendo aree che ai non addetti ai lavori sembravano tranquille.

Sotto accusa c’è l’ultima ristrutturazione, avvenuta tra il 2007 e il 2008, che «ha ampliato le capacità ricettive della struttura e quindi il rischio intrinseco», quando, invece, c’erano tutti gli elementi per accorgersi dei problemi. Almeno una parte di colpa nel disastro sarebbe quindi da attribuire a quegli ultimi lavori, autorizzati da una delibera del comune di Farindola il 30 settembre 2008 che divenne oggetto di una inchiesta e di un processo per corruzione e abuso di ufficio, chiusi nell’aprile del 2016 con l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» di tutti gli imputati. Sindaco, assessore e consiglieri comunali.

Chi sono i testimoni che hanno lanciato l’Sos

Giampiero Parete, è il cuoco che quel giorno lanciò i primi sos senza essere creduto. La sua è l'unica storia a lieto fine di quella tragedia: dopo di lui, infatti, furono salvati anche la moglie e i due figli. Oggi Giampiero ha un ristorante a Silvi (Teramo); Gianfilippo, 13 anni, e Ludovica (12) frequentano le scuole medie, mentre la mamma Adriana continua a fare l'infermiera. «Da allora non andiamo più in montagna e sulla neve, è rimasto un segno» ha racconatato.

Giampaolo Matrone è, invece, ultimo sopravvissuto della tragedia: fu estratto vivo dalle macerie dopo oltre 60 ore e, sottoposto a numerosi interventi chirurgici, aveva riportato gravi traumi agli arti. La valanga si portò via sua moglie, Valentina Cicioni, con cui il pasticcere di Monterotondo (Roma), si era concesso una breve vacanza in montagna. Matrone ora dedica ogni momento libero alla figlia Gaia. La bimba, che il giorno della tragedia era a casa con i nonni, oggi ha undici anni.

La valanga che ha causato il maggior numero di morti di sempre sulle montagne dell'Appennino

La catastrofe è stata provocata da una slavina che, distaccatasi da una cresta montuosa sovrastante, ha investito l'albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort. In base ai dati disponibili, si tratta della valanga che (presa singolarmente) ha causato il maggior numero di morti di sempre sulle montagne dell'Appennino e la seconda più disastrosa per numero di morti in Europa dopo la valanga di Galtür nel 1999 che provocò due decessi in più.

Pubblicato su Il Mattino di Padova