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Caso Scagni, il marito di Alice: “Spaventato da Alberto, ma la famiglia lo giustificava sempre”

Al processo la descrizione dell’omicidio e delle avvisaglie

"Io ero preoccupato per l'escalation di Alberto, temevo potesse fare del male a nostro figlio. Ma la famiglia lo giustificava sempre e diceva che non andava emarginato per la sua epilessia. Dall'autunno 2021 la situazione iniziò a precipitare, chiamava mia sorella anche 12 volte al giorno ma lei voleva mediare". Gianluca Calzona, 36 anni, era il marito di Alice Scagni, uccisa a 34 anni il Primo maggio 2022 dal fratello Alberto, sotto la casa di lei a Quinto. E stamattina in oltre due ore di deposizione nel processo a carico di Alberto ha ripercorso sia le fasi del massacro, sia i mesi e gli anni che lo hanno preceduto. Contestualmente era prevista l'audizione di Graziano Scagni e Antonella Zarri, i genitori, che tuttavia non si sono presentati: hanno giustificato l'assenza con un certificato medico, poiché tre giorni fa hanno fissato un intervento chirurgico per Graziano, al quale la moglie lo ha accompagnato.

"Quella frase prima di scendere"

"Quel Primo maggio - spiega quindi Calzona richiesto di descrivere il giorno del delitto - non avevamo particolari progetti. Al mattino avevamo discusso perché mia moglie aveva saputo che Alberto aveva dato fuoco il giorno prima alla porta della nonna. Io pensai: se facesse un gesto del genere da noi sarebbe pericolosissimo. E le dissi: "Finché la situazione non si calma dobbiamo spostarci in montagna, soprattutto per proteggere il bambino. Lei non era d'accordo, avevamo avuto un diverbio, tornò più tardi dicendomi "vai tu con lui in montagna", io risposi "non ci penso neanche". Dopo pranzo aggiunse "mercoledì andiamo via, ma prima mi devo organizzare in ufficio". Ci teneva che le cose della famiglia restassero all'interno, per vergogna. Io non credevo saremmo partiti, lei cercava sempre di prendere tempo e fare tutti contenti. A un certo punto, nel tardo pomeriggio, io proposi di portare fuori il cane. Lei affermò" "No no tranquillo, lo porto io così andiamo a dormire prima".

L'aggressione e i soccorsi

Il racconto di Calzona passa istintivamente al presente. "A quel punto io prendo il bambino, lei sta per scendere, io le dico: "Sei sicura che non vuoi vada io?". Alice risponde: "Tranquillo, io non ho paura di mio fratello". Resto un po' interdetto, poi vado a cambiare il piccolo. Lo spoglio e sento abbaiare il cane, penso ci sia un problema con l'animale. Apro la finestra e sento "aiuto aiuto" urlato da mia moglie, vedo la colluttazione tra lei e Alberto, ma non noto il coltello. Entrambi hanno le braccia alzate, è una lotta, lui frontale rispetto a me, lo riconosco con chiarezza. Mi giro verso il telefono per chiamare soccorsi, inizio la telefonata e dico "mia moglie è stata aggredita", do l'indirizzo. Mi viene il flash che lei avesse le chiavi e lui gliele volesse prendere per venire a colpire nostro figlio. Do il ferro morto, prendo un coltello. Torno alla finestra, vedo Alice in una pozza di sangue, una vicina prova a rianimarla, poi noto mio padre che corre e passa sotto la finestra, gli dico "sali sali io devo andare da Alice. Mio padre era venuto lì perché il cane era andato da loro. L'ambulanza mi sembrava non arrivasse mai, poi sono giunti i soccorritori".

Il pm Paola Crispo chiede: 'Lei gridò qualcosa verso suo cognato?" "Non mi pare, rimasi un attimo di ghiaccio e poi andai verso il telefono". Riprende il passato remoto. "Dalla quantità di sangue e dal suo sguardo fisso capii che era morta, era immobile. Quando sono arrivato c'era già la polizia, scendendo avevo un coltello del pane, l'ho buttato vicino al portone di casa".

"La nostra vita segnata da rapporti familiari complessi"

Nella seconda parte dell'audizione Gianluca Calzona ripercorre invece le vicende familiari, dalla conoscenza di Alice ai rapporti con i genitori di lei, passando ovviamente per il precipitare dello squilibrio di Alberto.

"Lo conobbi pochi mesi dopo essermi fidanzato con mia moglie, io e Alice lavoravamo nello stesso studio di commercialisti. Ci siamo messi insieme nel 2011, lei poco dopo mi presentò suo fratello".

Ricomincia a utilizzare il tempo presente e la sua scansione si fa molto dettagliata. “Da subito con Alberto ci vediamo sporadicamente, di solito quando è con la sua fidanzata di allora, Roberta e Alice mi parla poco di lui. A un certo punto la nonna (di Alice, ndr) si offre di comprare la casa per noi, e aggiunge: ‘Così vi sposate e ci andate a vivere’. Mia moglie in quel momento è in via Balbi Piovera, nel quartiere di Sampierdarena, a casa con i genitori (Alberto e la nonna si trovano in altri due appartamenti dello stesso condominio, ndr). In precedenza Alice aveva vissuto a casa del fratello: alla sera mangiava con i genitori, poi dormiva con lui. La madre e il padre non volevano che lei si spostasse: Alice era il collante, la mediatrice fra tutti i problemi familiari. E la madre Antonella Zarri a un certo punto dice: mi faccio comprare casa io (effettivamente accadde, perché tramite la nonna i genitori acquistarono l'immobile di via Pascoli, non lontano, dove si trasferirono, ndr) e vi lascio questa di Sampierdarena. La soluzione a me non piace, la giudico transitoria perché ne vogliamo una nostra. Andiamo comunque in via Balbi Piovera dal 2014 al 2016".

Licenziamento e fine di una relazione, la spirale di Alberto

Alberto Scagni in quella fase è agli albori della crisi più profonda. "Aveva già perso il lavoro in Sogegross - rimarca Calzona - Ha una fase in cui non vuole uscire di casa, fa telefonate aggressive ad Alice. Una volta noi andiamo a mangiare dai genitori di lei e il padre le fa: ‘Devi stare attento a tuo fratello perché vuole farti del male, stai attenta quando esci’. Dopo un anno ci trasferiamo a Quinto".

Chiede il pubblico ministero: "Il papà spiegò perché fosse necessario stare attenti ad Alberto?".

Gianluca risponde: "Non mi pare, ma io non fui mai messo a conoscenza dei dettagli. La famiglia accettava quasi tutto di lui, io ero più duro. L'unico problema vero a me noto erano le crisi epilettiche, dietro quello i genitori giustificavano tutto. A casa di Alberto andava solo il padre, che spronava continuamente Alice a far visita al fratello. Lei era preoccupata ma non voleva deludere i genitori, soprattutto la mamma".

Ancora il pm Crispo: "Com'era Alberto prima dell'isolamento?"

"Non faceva sport, aveva come ho detto una fidanzata e due amici, con i quali però non l'ho mai visto". Calzona alterna i tempi verbali quasi d'istinto e ritorna al passato. "Dopo il licenziamento, la fase migliore si materializzò quando trovò un'altra fidanzata, poi scattò di nuovo l'isolamento. Lo incontravamo solo in occasioni canoniche: compleanni, Natale, così. Ci trasferiamo a Quinto nel 2017. Più avanti, durante il lockdown, lui non si era vaccinato e non usava mascherine. Con il Covid e Alice incinta (il loro figlio Alessandro nacque a marzo 2021), per un po' non lo vedemmo. I rapporti in quel momento erano inesistenti".

L'ultima escalation e i problemi del killer con alcol e droga

Si entra quindi nella descrizione dei mesi a ridosso della tragedia, dopo la conclusione del lockdown e di altri blocchi. "L'avevo visto per l'ultima volta a fine settembre 2021. Screzi veri e propri non ce ne sono mai stati fino a metà ottobre 2021. Certo non ci stimavamo, condannavo il suo stile di vita basato sull'uso di alcol e droghe e pure sulla vendita di stupefacenti".

Di nuovo al presente: "Incontrandolo a settembre 2021 percepisco atteggiamenti che non mi piacciono. Di fronte alla notizia al Tg su una figlia che uccide la madre a coltellate, lui si alza entusiasta e dice: ‘Si fa cosi’. In un'altra occasione incontriamo la nonna e lui sbotta: ‘Ma tu stai sempre bene? Certo che se morissi mi lasceresti tutti i soldi, tu intanto cosa te ne fai?’. Beveva moltissimo e le cene finivano sempre con lui ubriaco e su di giri".

La caduta non si ferma più. "Da novembre inizia l'escalation di telefonate a mia moglie, Alberto parla di continuo di pedofilia, non dimentichiamo che mia moglie in quel momento è il genitore di bimbo di 8 mesi. Una volta le dice: ‘Sai se c'è un elenco dei pedofili condannati a Genova? Sai cosa succede se ci sono due fratelli, uno muore ed è sposato, a chi vanno i soldi?’. A mio parere erano messaggi minatori tra le righe".

Gianluca prosegue: "A me inizia a scrivere tra novembre e dicembre. In un messaggio cita un articolo del codice penale sull'istigazione al suicidio e sulle pene per chi fa intercettazioni, allora mi altero con mia moglie e lei mi dice: ‘Ti prego devo gestirla io con la mia famiglia’. Rispondeva lei con il mio telefono. Da dicembre inizio a preoccuparmi di più. Alberto manda foto mentre è dai carabinieri, chiede ad Alice in modo criptico e intimidatorio ‘hai qualcosa da dirmi o vado avanti?’. Dopo Natale, mentre siamo a Bardonecchia, inizia a scrivere anche a me: "Se sei un uomo vieni a casa mia. Io non rispondo, lui chiama Alice anche 12 volte in un giorno e io a un certo punto le dico che la situazione sta trascendendo".

I contatti con lo psicologo

Ancora Calzona. "Io addebitavo gran parte del disequilibrio all'alcol. Non l'ho visto mai usare droga, una volta diede a mia moglie un panetto di hashish per farselo trasportare e lei non capì cosa stava facendo". Gianluca vuole trasferirsi. "Dopo Natale dico a mia moglie che ci dobbiamo spostare e propongo Bardonecchia, in montagna. E aggiungo: ‘Dovete fare qualcosa altrimenti a Genova non torniamo’. Per mia moglie è un dramma, ne parla con i genitori: la madre le dice "chiama tuo padre", il papà aggiunge ‘Alberto non è stupido, se te lo trovi davanti digli che chiami i carabinieri’. C'è un litigio con Antonella Zarri, che dice: ‘Tu mi vieni a parlare male di mio figlio mentre sei a casa mia’, e allora le ridò chiavi".

Calzona insiste sulla necessità di far visitare Alberto, magari individuando uno specialista fra i molti che frequentavano lo studio dove lui e Alice lavoravano. "Mia moglie accoglie il mio consiglio di andare da psicoterapeuta specializzato in pazienti con problemi di alcol o stupefacenti. Anche i familiari si convincono. Contattano Antonio Floriani (la Corte d'Assise sta valutando se convocarlo in aula, ndr) e in studio da lui vanno Alice, la mamma e il papà, senza Alberto. Mia moglie torna e dice che prima è necessario un passaggio con la Salute mentale".

Alberto in quel periodo era fissato nel chiedere foto del matrimonio: “Mi sembrava anche una minaccia per gli altri partecipanti, era molesto con testimoni donne". Di nuovo sulle terapie psichiatriche: "Dopo il dialogo con Floriani mia moglie andò alla Salute mentale. Alberto la chiamò per caso e lei gli disse ‘stiamo andando all'ospedale perché tu non vuoi essere curato’, fu l'unico frangente in cui apprese di quelle evoluzioni. Una settimana prima dell'incendio alla porta della nonna (30 aprile, a 24 ore dal delitto, ndr) aveva tagliato le gomme all'auto del padre che non lo voleva più portare in campagna".

Chiede il pm: "Ebbe notizia di telefonate di minaccia esplicita?". Calzona: "Diretta mai. Ma sentivo escalation nella voce e una volta Alice disse ad Alberto: ‘Ti sei già bruciato il fondo pensione'. In un altro caso lui la chiamò per dirle: ‘Tu ne conosci gangster vero? Ma tu abiti sempre in via Fabrizi 54?’ Però per quel che so non le rivolse mai intimidazioni dirette ed esplicite".

L'ultima domanda del pubblico ministero: "Il Primo maggio sua moglie le riferì di telefonate minatorie fatte da Alberto a suoi familiari? (aveva contattato il padre profilando gesti estremi alle 13 di quel giorno, ndr)". Gianluca precisa: "Ni, però avevo ordinato su Amazon un estintore (temendo che Alberto, dopo quello della nonna, avrebbe incendiato anche il loro alloggio, ndr) e mi stavo interessando al posizionamento d'una telecamera sul citofono. Eppure loro non lo volevano denunciare, anche se proprio in quei giorni lei sconfortato in un caso mi aveva detto: ‘Se vuoi denunciarlo, fallo’”.

Tratto da Il Secolo XIX

Pubblicato su Il Mattino di Padova