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Corruzione, due arresti nell’inchiesta sulla “talpa” a Clodio. Trecento euro a richiesta: “Favori dall’ufficio intercettazioni”

ROMA. Sono due gli arrestati nell'inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo, coordinata dalla procura di Roma, sulla 'talpa' che, da piazzale Clodio, passava notizie coperte da segreto istruttorio all'avvocato Camilla Marianera, 27 anni, e per un periodo di tempo collaboratrice in Campidoglio. Insieme a lei, a finire in manette nell'indagine dei carabinieri, anche il compagno: Jacopo De Vivo, figlio di Giuseppe noto come «Peppone», storico esponente ultrà della Curva Sud romanista morto per una malattia nel 2015.

Il prezzo era chiaro: 300 euro per entrare in possesso degli atti relativi a procedimenti penali coperti o intercettazioni. Secondo l’atto d’accusa, dal 2021 al dicembre scorso, i due «in concorso tra loro e previo concerto, con una pluralità di azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché costui ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta».

L’indagine è nata nell’ambito di un altro procedimento penale per fatti di droga, ancora coperta da segreto istruttorio, dove qualcuno degli intercettati avrebbe cercato di avere notizie sull'esistenza «di operazioni tecniche di intercettazioni, la tipologia delle stesse e gli obiettivi, target individuati». La coppia aveva incontrato un soggetto che voleva sapere se era indagato e sottoposto a intercettazioni dopo aver scoperto un gps nell’auto intestata alla moglie. E così emerso come i due indagati «fossero coinvolti in quanto mostravano di essere in grado di acquistare le informazioni segrete sull'esistenza di queste operazioni di intercettazione, penetrando i sistemi e le procedure di garanzia e controllo della segretezza delle stesse, a mezzo dell'acquisto di favori illeciti da parte di funzionari infedeli allocati presso l'Ufficio intercettazione della procura della Repubblica di Roma». Marianera e De Vivo «si stagliano – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - come soggetti che intermediano illecitamente, per conto di persone variamente interessate, richieste corruttive a pubblici ufficiali, in cambio di notizie sensibili perché coperte dal segreto d'ufficio, massimamente afferenti all'esistenza di intercettazioni tradizionali e telematiche, relative a procedimenti in corso». I due mettevano le informazioni nelle mani di «clienti conoscenti» che decidevano di affidarsi alla cosiddetta «modalità alternativa», come la chiamavano i due arrestati.

Nell’ordinanza è la stessa donna a spiegare di avere la compiacenza di un funzionario (non ancora identificato ndr): «Diciamo che conosciamo una persona che…sta in procura nell’ufficio dove sbobinano le intercettazioni e tutto…a me fa tanti favori, tipo che se gli metto il nome con la data di nascita lui…». La talpa «periodicamente eseguiva controlli trimestrali sull’eventuale esistenza di indagini» a carico del compagno della donna e di un familiare. Il funzionario, secondo quanto ricostruito dalle indagini, avrebbe offerto informazioni non solo sui procedimenti ma anche sulla presenza di sistemi di monitoraggio, come emerge da una frase della stessa donna. «Davanti a me scrive sul computer e mi dice… ‘inserito Gps sotto la macchina…oppure predisposto ocp su via…sotto casa». Marianera ha «un profilo non secondario di capacità di sapersi infiltrare nei gangli della burocrazia pubblica», scrive il gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ordinanza di custodia cautelare. 

Pubblicato su Il Mattino di Padova